The Return Incidents, Topic di Scrittura

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nith85
view post Posted on 18/5/2012, 13:30 by: nith85
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Baby child

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Il paese dei Balocchi

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Ieri notte


Non sarebbe stata una sera come le altre.
Lo capì quando, aprendo la porta, si ritrovò davanti la madre di tutte le cose e persone che popolavano l’isola. La donna eterea che lo aveva voluto lì. Distolse lo sguardo da quell’immagine accecante, rivolgendolo alle nuvole in fuga che sembravano pesci dalle squame d’argento, increspate dal vento più impetuoso che quella primavera aveva conosciuto. Non era certo di sapere il motivo di quella visita, ma prima che potesse parlare, la donna lo sorpassò per entrare in quella che, a tutti gli effetti, era diventata la sua dimora. Passarono dei minuti e, quando il colore del giorno fu completamente scolorito, si voltò per seguire la donna all’interno della casa. Si guardarono entrambi negli occhi, consapevoli che c’erano molte cose da dire riguardo alla fuga del lupo. Ma nessuno dei due parlò. Non prima che Victor si apprestasse a serrare porte e finestre sotto lo sguardo attento della donna che chiedeva riservatezza. Non appena l’unica fonte di luce divenne solo candela accesa sul tavolo, Aether si mosse percorrendo con le dita la mensola impolverata che si trovava sopra il camino spento.
“Non sono qui per parlare delle motivazioni che ti hanno spinto a nasconderti su questa montagna.. rilassati, Victor.”
Questo era quanto il lupo voleva sentire per sciogliersi e rivolgere finalmente alla donna uno sguardo indagatore. Se non era lì per quello, doveva esserci un altro motivo e doveva essere davvero importante se l’aveva spinta a cercarlo proprio quando lui non voleva farsi trovare.
“Tuttavia, questo non significa che io possa tollerare ancora per molto la scarsa importanza che stai dando al tuo lavoro.”
Scostò il dito dalla mensola e, strofinandolo con l’altro, si rese conto che quella casa, molto probabilmente, non era mai stata pulita. Il suo sguardo era severo e il lupo si limitò ad annuire. C’era solo un motivo che lo spingeva a mettere da parte i suoi compiti ed erano le donne. Aether aveva ragione, non era tollerabile.
“Avevo bisogno di riordinare le idee, non sono concentrato in questo momento.. e se non sono concentrato l’unica cosa che posso fare starmene alla larga da tutto e da tutti..”
La padrona dell’isola tacque, avvicinandosi a lui per fargli sollevare il volto con una mano posata sotto il suo mento e guardarlo negli occhi.
“Dov’è finito l’essere più ignobile e menefreghista che un tempo rispondeva al nome di Victor Creed?”
“Le persone crescono, Aether. E crescendo imparano molte più cose su stessi. Ma sono praticamente certo che non siete venuta qui per psicoanalizzarmi.”
Non aveva voglia di parlare di quella storia, per lui era sepolta ormai. Aveva allontanato da sé quella ragazza e si era assicurato che, se mai l’avesse rincontrata per caso, lei lo avrebbe evitato. La madre gli lasciò andare il mento e tornò nei pressi del camino, dandogli le spalle.
“Hai ragione, non sono qui per questo. E poi, pare che qualcuno si sia già preso cura di te.. come ai vecchi tempi.. è buffo, non credi?”
Girò la testa per mostrargli un sorriso beffardo. Dopotutto gli abitanti dell’isola erano il miglior passatempo che avevano lei e le sue figlie.
“Aether.. con tutto il rispetto. Non credo che questi siano affari che la riguardino. Mi avete assoldato per lavorare per voi, non per immischiarvi nei miei affari personali. Quindi gradirei che veniste al dunque.. quale motivo vi ha spinto fin qui, su queste montagne?”
Il sorriso sul voltò della madre si tramutò in uno sguardo che non lasciava spazio al minimo dubbio. Non tollerava che qualcuno le parlasse in quel modo, soprattutto chi avrebbe dovuto lavorare per lei piuttosto che correre dietro le gonnelle delle ragazze.
“Victor,mio caro Victor.. dovresti sapere che se sei ancora su quest’isola è solo perché credo che nel tuo campo sia il migliore. Ma non sopporto il modo in cui mi parli, soprattutto quando dovresti essermi riconoscente, e non sopporto gli scansafatiche. Sono qui per rimediare e per darti l’ennesima possibilità di riscattarti. Devi recarti in un posto e aggiustare quello che c’è da aggiustare. Questa volta tocca a te, mio caro..”
Il lupo aggrottò le sopracciglia, trattenendo il moto d’ira che sentiva nascere dentro di lui. Non avrebbe mai permesso a nessuno di parlargli come se fosse un bambino delle elementari, ma mettersi contro Aether era praticamente un suicidio. Incrociò le braccia sotto al petto e annuì.
“Dunque, cosa dovrei fare?”
“Chiudere gli occhi..”

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Tutto quello che accadde nell’istante in cui il lupo chiuse gli occhi, era fuori perfino dalla sua comprensione. Il modo in cui si era sentito quando fu avvolto dalla luce, lo fece barcollare quando sentì che il suolo che poco prima era venuto a mancare sotto i suoi piedi, era riapparso dal nulla. Come se si fosse materializzato.
In effetti, era proprio quello che era successo.
Riaprì gli occhi e quello che vide in un primo momento, fu una grande confusione. Aether era svanita e, più si abituava al buio, più si rendeva conto che quella non era la sua casa in montagna. Sembrava una di quelle casette tipiche del villaggio, con i mobili bianchi e ornati di pizzo, molto rustici. Tutto era sottosopra e avvertiva un forte odore di sangue. Un carillon suonava una nenia www.youtube.com/watch?v=l_jGhtjY3j8 che risultava inquietante in quella casa vuota che parlava di morte. Ci mise qualche istante a riprendersi completamente dal teletrasporto improvviso. Iniziò a guardarsi attorno e al suo fianco, vicina al divano, c’era una sedia a dondolo che cullava l’aria. Non sembrava ci fosse nessuno in quella stanza, eppure riusciva ad avvertire una presenza. Il battito di un cuore che andava scemando sempre di più. Continuò a far vagare lo sguardo nella stanza, fino ad accorgersi di una porta semisocchiusa proprio alle spalle della sedia che dondolava nel vuoto. Assicuratosi che se avesse mosso un passo non sarebbe caduto, si avviò verso quella direzione e vide che due corpi privi di vita, erano riversi sul pavimento. Entrambi sembravano voler bloccare l’ingresso in quella stanza, ma nessuno dei due vi era riuscito. Li scavalcò, aprendo la porta consapevole che non vi erano sorprese ad aspettarlo. Con cautela scrutò cosa vi era in quella camera che sembrava uno sgabuzzino adibito a camera per bambini, molto accogliente e calda. Le pareti erano giallo pallido e tutto sembrava immacolato. Nemmeno uno schizzo di sangue.
C’erano due culle in quello spazio così ristretto. Una affiancata all’altra, divise solo da un fasciatoio, e sul bordo di ognuna di esse, erano incisi dei nomi sul legno. Passo lo sguardo sulla prima incisione.
“Lach..” Poi passò alla seconda. “Lain..”
Il suo fu solo un leggero bisbiglio che non riuscì a coprire quel battito affievolito che si era fatto più vicino. Si apprestò a raggiungere la prima culla. Era vuota. Poi si voltò per sondare la seconda.
Ciò che vide per prima cosa fu una macchia di sangue che spiccava sul bianco delle lenzuola. Sopra di essa vi era rannicchiato un neonato, dal ventre squarciato che era sul punto di morire. Era una scena raccapricciante,perfino per lui che era abituato a sentire l’odore così intenso della morte. Quel bambino non poteva avere più di una settimana di vita ed il fato era già stato tanto crudele con lui.
“Cristo, Aether. Stavate scherzando, vero?”
Si aspettava una risposta che non arrivò mai. La madre era stata chiara, stavolta spettava a lui mettere a posto le cose e doveva farlo da solo. Ma il suo sangue non aveva ancora riacquistato la sua forza rigenerativa da quando Sorat lo aveva maledetto. Stava pensando a cosa avrebbe potuto fare, ma doveva pensare in fretta perché quel bambino non aveva ancora molto tempo a disposizione. Si inchinò sulla culla e, nel momento in cui fu vicino a quel viso così pallido, la creatura emise un rantolo sofferente, ma allo stesso tempo inconsapevole.
E fu in quel momento che capì cosa avrebbe dovuto fare.
Per quel bambino c’era una sola possibilità per sopravvivere: diventare un licantropo.
Fece l’unica cosa che poteva fare e poi attese, attese seduto sulla sedia a dondolo con la creatura che aveva reso suo figlio, stretto tra le braccia. Era morto.
Dalle finestre iniziarono a spuntare i primi raggi del sole. Stava iniziando ad albeggiare e perfino il vento aveva cessato di soffiare, rendendosi forse partecipe del destino che era spettato a quella povera creaturina innocente. Il carillon suonava e risuonava la sua melodia mentre Victor guardava quel volto così minuto che non aveva affatto riacquistato quel colorito tipico dei neonati. Erano tante le domande che si stava ponendo. Molti il dubbi sulla riuscita della trasformazione. Non aveva mai reso qualcuno un suo simile e più guardava quel volto, più sentiva crescere in lui il desiderio di proteggerlo. La voglia che quel bambino aprisse gli occhi. I ricordi sondarono tempi lontani. Tempi in cui lui era stato bambino e non aveva ricevuto l’affetto che ci si aspetterebbe di ricevere dai genitori. Pensando a ciò, fece una promessa a se stesso: se quella creatura fosse sopravvissuta alla trasformazione, lui se ne sarebbe preso cura. Lo avrebbe cresciuto e gli avrebbe insegnato a stare al mondo. Tornò a guardare quel viso..
.. il bambino aprì gli occhi splendidamente azzurri.
Era vivo. Era sopravvissuto. Era guarito.
Il lupo sorrise, forse felice come ormai non era da tempo, mentre il bambino stringeva la sua manina sul suo pollice.
“Benvenuto al mondo, piccolo Lachlain..”


Mi domando se le stelle sono illuminate perchè ognuno possa un giorno trovare la sua..
Victor

Prima che ti trovassi ero morto,anche se respiravo. Ero cieco ,anche se ci vedevo. Poi sei arrivato tu...e mi hai risvegliato alla vita.
Lachlain



 
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